Ripartire dal Territorio, ripartire da Noi.

Ripartire dal Territorio, ripartire da Noi.

Viviamo un momento politico schizofrenico: è in atto un importante mutamento del sistema politico mondiale, oltre che di quello italiano. Le certezze di oggi domani potrebbero cambiare improvvisamente.

I vecchi schemi destra/sinistra, conservatori/progressisti, basati sulle storiche antichedivisioni sociali non esistono più. Vediamo sempre più frequentemente la nascita di nuovi soggetti politici che, in breve tempo, riescono a sparpagliare le carte in tavola. Macron e Trump sono due esempi ben chiari di come la politica sia mutata. Oltre a questi due casi più eclatanti possiamo citare anche Podemos in Spagna, l’Ukip inglese, i vari fenomeni “populisti” di mezza Europa. Anche in Italia non ci facciamo mancare niente: ne è una prova il Movimento 5 Stelle, ma volendo anche Renzi e Salvini per come hanno modificato geneticamente i partiti di cui sono leader. 

La nuova politica corre veloce, è frenetica e i cittadini corrono ancora più veloce; non aspettano; vogliono risposte. Oramai le linee di partito non hanno più così tanta importanza. La propria opinione la si crea sul web, non si prende per buono quello tutto quello che viene detto dal nostro leader di turno. Questo ha sconvolto tutto l’establishment che per anni ha sempre visto i cittadini seguire ciò che i partiti, i giornali e le televisioni di riferimento comunicavano.

In tutto questo, il centro-destra italiano pare brancolare nel buio, con una miriade di partiti non connessi da chiari e delineati rapporti di alleanza e che non riescono a convergere su di un unico programma. I casi di buon governo dove si è fatto gioco di squadra ci sono stati: le tre Regioni amministrate, in primis, ma anche molti Comuni in tutta la penisola. Tuttavia questo modello non è ancora stato esportato nel resto d’Italia e sul panorama nazionale.

Occorre ripartire, perché una grande fetta di popolazione italiana si sente spaesata, vuole avere un’entità politica di riferimento, che sia un partito unico, una coalizione o una federazione. La formula non è importante, contano gli intenti. Ma come fare?
Servono poche parole chiave programmatiche: meno tasse tramite l’abbattimento della spesa pubblica improduttiva, sicurezza, giustizia sociale, alleggerire l’economia della troppa burocrazia, lasciare più autonomia agli enti locali, primo, se non unico, avamposto di Stato e Democrazia rimasto nel nostro Paese. Occorre essere chiari sul tema Europa: capire che se non riusciamo a sfruttare le opportunità che ci offre, così come fanno gli enti delle altre Nazioni europee, il problema è nostro. Se siamo il fanalino di coda dei Paesi per crescita del PIL, davanti solo alla Grecia, il problema non può essere sempre l’Europa: dobbiamo prima guardare in casa nostra. Serve un Manifesto dei valori condivisi in cui riconoscersi, dieci punti semplici, comprensibili. Basta questo come programma elettorale. Un partito/movimento/federazione di partiti con regole chiare e rispettate: primarie per la selezione della classe dirigente, dal più piccolo dei Comuni italiani al candidato al Parlamento Europeo, la creazione di luoghi di confronto dove si possa discutere ed interfacciarsi con i propri rappresentanti per chiedere spiegazioni, regole chiare fra gli alleati e porre fine agli inciuci con gli altri schieramenti, dal Parlamento ai Comuni, fuori chi sgarra o chi ha sgarrato (per troppi anni abbiamo avuto rappresentanti con qualche problemino giudiziario di troppo), premiare il merito, valorizzare chi amministra sul territorio, evitare candidati caduti dall’alto, democrazia interna.

Tutto questo però non può essere fatto solo con lo sforzo dei partiti. In Italia, nel paese degli 8000 campanili, ci sono migliaia e migliaia di persone che giornalmente si impegnano per rendere migliore la cosa pubblica e che non hanno niente a che fare, molte volte anche per scelta, con i nostri partiti. Personalità di cui, chi vuol combattere la verità assoluta propinata dal renzismo o l’arroganza istituzionale dei pentastellati, ha estremamente bisogno. Per questo occorre trovare il modo per creare un contenitore per tutte quelle liste civiche, associazioni del territorio e comitati vari che si riconoscono in una serie di valori che da sempre fanno parte del mondo conservatore, del centro-destra, del popolo della libertà della prima ora. Un contenitore che risulterà fondamentale per andare a penetrare in quella parte di elettorato oramai stanco dei vecchi partiti. Una federazione di liste civiche di centro-destra che coinvolga, metta in contatto e rappresenti gran parte degli amministratori locali che da anni portano avanti la loro battaglia con la sola forza della propria volontà.

Bisogna demolire questo sistema torbido, tornare a dare lustro alla politica, a fare esclusivamente il bene della polis.
Bisogna aiutare chi da anni si impegna contro uno Stato che ha perso la bussola e ridare voce a chi è il fulcro della nostra Italia.
Bisogna ripartire dai territori, ripartire da noi.

 

Pubblicato su www.ilbattito.info e sulla versione cartacea

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CentroDestra: costruire un’alternativa per un popolo senza casa.

CentroDestra: costruire un’alternativa per un popolo senza casa.

Il Referendum Costituzionale che si è tenuto lo scorso 4 Dicembre ha aperto, di fatto, una nuova fase politica per il nostro Paese, che ci porterà finalmente alle urne in un futuro più o meno prossimo.
Dando uno sguardo alla situazione politica attuale vediamo che, per un motivo o per un altro, i due principali attori di questa scena politica, il PD e il M5S, hanno qualche problema interno.
Governare logora” e al Partito Democratico sta succedendo proprio questo. Inoltre, Renzi è un tipo alquanto divisivo e l’aria che tira all’interno del partito non sembra essere delle migliori. Ancora non sappiamo se il PD continuerà a vivere così come lo conosciamo o se qualcuno dei contendenti interni tenterà una scissione. Nonostante questo l’area di CentroSinistra ha il vantaggio innegabile di avere fra le proprie file l’unico vero leader politico attualmente in campo. Non è un dettaglio.
I problemi dei 5Stelle derivano principalmente dall’inesperienza governativa. Esser arrivati al Campidoglio con Virginia Raggi ha fatto sì che su di loro si accendessero i riflettori. Vedremo cosa creerà nel Movimento questa lotta di potere a Roma e se Beppe Grillo riuscirà a tenere compatto il gruppo. Oltre a questi “piccoli” problemi, il M5S è quello che gode del miglior stato di salute. Il fatto di essere sempre stati all’opposizione del sistema li rende “vergini” dal punto di vista governativo.
Fra i due litiganti il terzo non riesce a godere: il blocco di quello che è stato per anni il CentroDestra non sta bene: I leader si litigano, la gente chiede qualcosa di chiaro da votare, nel paese c’è voglia di una alternativa conservatrice nuova; gli elettori sono disorientati da questa assurda miriade di partitini nati, ahimè, dalle ceneri del PdL.
Questo porta i nostri elettori ad affidarsi, in molti casi, a qualcuno di più affidabile oppure a restare a casa.
Nonostante tutto ciò, la fetta di elettorato attribuita dai sondaggi ad un possibile listone unico di CentroDestra è cospicua, ma numericamente molto lontana da quei milioni di elettori che dettero fiducia a PdL e Lega Nord.
Cercando di fare un’analisi del voto al referendum orientata al voto politico, possiamo notare alcune cose interessanti per chi, come me, vorrebbe la scesa in campo di un miglior CentroDestra.

1. La bassa affluenza non è un dato stabile. Il 70% degli elettori italiani si sono presentati alle urne per decidere sul futuro della nostra Costituzione. Probabilmente se ci fossero domani delle elezioni politiche molti di loro non saprebbero cosa votare. Manca una reale offerta politica per la nostra gente.

 

2. Dai dati dell’Istituto Cattaneo, ma anche da altre analisi che sono state fatte, vediamo che una bella fetta di quelli che erano gli elettori del partito unico di CentroDestra, PDL, hanno scelto di votare SI. Questo pone soprattuto una questione: i vari notabili del CentroDestra non riescono più a convincere quello che era il nostro storico elettorato. Oramai (per fortuna) l’elettore non vota “per partito preso” ma ragiona con la propria mente. Questo pone di sicuro lo sforzo di proporre soluzioni e proposte credibili e allo stesso tempo di creare luoghi di confronto con simpatizzanti ed iscritti, sempre che quest’ultimi ci siano ancora.

 
3. Un altro dato che possiamo dedurre dai sondaggi effettuati post-voto è quello sul voto al referendum per classi di età e di occupazione. Dalle tabelle qua sotto vediamo che soprattutto la fascia di popolazione più giovane è quella che ha bocciato la riforma costituzionale. È pacifico che questa espressione di voto abbia voluto bocciare anche l’operato di questo governo. Il CentroDestra sta proponendo un’alternativa credibile di governo agli under 35? In caso di risposta negativa o sarà qualcun’altro a proporre un’alternativa credibile (M5S?) oppure i “giovani” si asterranno dal voto. Stessa identica valutazione può esser fatta leggendo la tabella che analizza il voto per tipo di occupazione. Il CentroDestra propone un’alternativa credibile di governo? In questo caso la domanda dovrebbe esser posta in grassetto considerando che Autonomi e Casalinghe sono sempre stati un importante bacino per il CentroDestra.
 
Ripartire, ma come?
È necessario andare a parlare con i nostri (ex) elettori per capire che vorrebbero qualcosa di chiaro in cui identificarsi. I leader in campo ci sono (Salvini, Berlusconi, Meloni, Fitto, Toti, ecc) ma non hanno intenti comuni e creano nell’elettorato un disorientamento che spesso porta all’astensione.

Se hanno a cuore le sorti del CentroDestra e hanno l’obiettivo di tornare a governare devono fare uno sforzo, lasciare da parte i personalismi e creare un qualcosa di unitario. Un federazione di partiti, un partito unico o qualsiasi altra forma di organizzazione unitaria. Basta che alle prossime elezioni ci sia qualcosa di chiaro da votare che faccia andare i nostri elettori sereni alle urne. Ad oggi o ti riconosci nel Partito Democratico, o ti riconosci nel Movimento 5 Stelle o ti riconosci in cosa? Ci sono troppe sigle, troppa confusione. Spesso anche noi “addetti ai lavori” siamo confusi, figuriamo chi deve scegliere a chi affidare il proprio futuro.

 

Servono poche parole chiave programmatiche:

  • Meno tasse tramite l’abbattimento della spesa pubblica improduttiva.
  • Sicurezza.
  • Giustizia sociale.
  • Liberare l’economia da cavilli burocratici.
  • Lasciare libere le autonomie locali, primo, e spesso unico, avamposto di Stato e Democrazia.

Un Manifesto dei valori condivisi in cui riconoscersi, dieci punti semplici, comprensibili. Basta questo come programma elettorale.

Un partito/movimento/federazione di partiti con regole chiare e rispettate:

  • Primarie per la selezione della classe dirigente, dal più piccolo dei Comuni italiani al candidato al Parlamento Europeo.
  • Creare luoghi di confronto dove si possa discutere, interfacciarsi con i propri rappresentanti, chiedere spiegazioni.
  • Regole chiare fra gli alleati e basta inciuci con gli altri schieramenti, dal Parlamento ai Comuni.
  • Fuori chi sgarra o chi ha sgarrato, per troppi anni abbiamo avuto rappresentanti con qualche problemino giudiziario di troppo.
  • Premiare il merito, valorizzare chi amministra sul territorio, evitare candidati caduti dall’alto, democrazia interna.
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Il mio NO alla Riforma Costituzionale.

Il mio NO alla Riforma Costituzionale.

Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha fissato la data del referendum costituzionale: domenica 4 Dicembre 2016 sapremo se la riforma costituzionale approvata dal Parlamento sarà confermata dagli elettori.

Ho studiato il testo deliberato da entrambe le camere per farmi una idea sulla validità della riforma. (Per chi sta leggendo questo articolo è bene sapere, prima di tutto, che non amo particolarmente la nostra Costituzione, figlia di dottrine politiche in cui non mi riconosco.)

COSA VA A MODIFICARE QUESTA RIFORMA?

A grandi linee le tematiche che vengono affrontate in questa riforma sono quelle che ora andrò ad elencare; per un ulteriore approfondimento vi rimando a questo link della Camera dei Deputati dove potete trovare molti dossier e il testo completo.

1) Senato

La Camera alta del nostro Parlamento non sarà più eletta a suffragio universale dai cittadini, ma sarà un organismo di secondo livello, i cui 100 membri saranno nominati dalle Regioni. Le Regioni quindi avranno il compito di nominare Senatori 74 Consiglieri Regionali, suddivisi proporzionalmente fra le Regioni, e 21 Sindaci, uno per Regione ad eccetto del Trentino Alto Adige che ne nominerà 2. A questi si aggiungeranno 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica che rimarranno in carica per sette anni. Sono aboliti i senatori a vita.

Inoltre, non esisterà più il vincolo di approvazione di tutte le leggi, così come l’approvazione della fiducia sul governo da parte del Senato, ma essa dovrà esser chiesta solamente in casi particolari; dopo vi spiegherò quali.

2) Elezione del Presidente della Repubblica.

Per l’elezione del capo dello stato non parteciperanno più i delegati regionali, ma solamente le due camere, in seduta comune.

3) Abolizione del Consiglio Nazionale per l’economia e il lavoro.

Il Cnel, un organo ausiliario previsto in costituzione ed avente diritto di iniziativa legislativa, viene abolito.

4) Modifiche al Titolo V.

Con questa riforma più di venti materie legislative tornano alla competenza esclusiva dello Stato. Fra le più importanti: ambiente, gestione aeroporti e porti, trasporti, energia, politiche per l’occupazione, ecc. Dopo le vedremo nel dettaglio.

5) Modifiche al referendum abrogativo e leggi di iniziativa popolare.

Viene innalzata la soglia per proporre una legge di iniziativa popolare, da 50mila a 150mila firme, e viene modificato, in parte, il quorum per i referendum abrogativi: nel caso che le firme raccolte siano 800.000 si passa dal 50% degli aventi diritto al 50% dei votanti dell’ultima tornata elettorale.

PAGINA WEB DELLA CAMERA DEI DEPUTATI CON I DOCUMENTI SULLA RIFORMA: http://www.camera.it/leg17/465?tema=riforme_costituzionali_ed_elettorali

LINK AL TESTO DELLA RIFORMA A FRONTE CON LA COSTITUZIONA VIGENTE SUL SITO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI: http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/ac0500n.pdf

COSA NE PENSO?

Parto dal punto 3), l’abolizione del Cnel. Sono favorevole al fatto che si semplifichino gli organi dello stato, soprattutto quelli inutili. Inutili a tal punto che moltissime persone non ne conoscono neanche l’esistenza.

Per quanto riguarda il punto 2) comprendo la scelta fatta dal Parlamento. Considerando, poi, che in questa riforma si abolisce il Senato così come lo conosciamo e lo si trasforma in “camera di rappresentanza delle regioni”, non avrebbe più senso far votare anche i delegati regionali nell’elezione del Presidente della Repubblica

Punto 1). Non condivido assolutamente la creazione di una camera di rappresentanza delle Regioni siffatta. Il primo motivo è il fatto che questa camera potrà esaminare tutte le leggi approvate dalla Camera dei Deputati facendone richiesta entro 10 giorni. Questo meccanismo si limita a smorzare e non elimina del tutto il bicameralismo che tanto ha rallentato il processo legislativo italiano. Si sarebbe potuto abolire del tutto il Senato, passando ad un monocameralismo, garantendo il raccordo fra lo Stato e gli enti locali con altri organismi ed in altri modi. Dato che, invece, si mantiene  in vita questa camera, sarebbe opportuno che fosse eletta dai cittadini e che il ruolo di senatore fosse ricoperto a tempo pieno, non part-time, dato che i suoi membri saranno Consiglieri Regionali e Sindaci.

Punto 5). Il fatto che si alzi la quota delle firme prevista ai fini la presentazione delle leggi di iniziativa popolare non mi convince del tutto, anche se si prevede che esse debbano essere calendarizzate in breve tempo dalla Camera. Avrei preferito che si lasciasse il limite a 50.000 firme, obbligando il Parlamento a discuterle in tempi brevi, se non brevissimi. Per quanto riguarda il referendum, qui cambia poco. Bene che si abbassi il quorum nel caso che le firme presentate siano 800.000 invece di 500.000, anche se avrei preferito che si annullasse del tutto. Credo sia giusto che le decisioni siano prese da chi va a votare, senza che siano gli astenuti a prenderle per tutti. (Niente in contrario con chi si astiene dal votare, qualsiasi sia il motivo, ma che almeno sia lasciato a chi lo fa il diritto di decidere, così come avviene nelle elezioni senza quorum.)

Punto 4). Sono assolutamente contrario a questa scelta politica di accentrare nelle mani dello Stato ulteriori competenze legislative. A mio avviso la soluzione sarebbe quella di procedere verso un federalismo regionale e spostare sempre più competenze dallo Stato alle Regioni. Evidentemente il nostro Parlamento non la pensa così e vuole avviare un processo contrario a quello cui le precedenti riforme costituzionali tendevano. Inoltre, un comma del nuovo articolo 117 della Costituzione prevede che “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.“. In pratica con una legge dello Stato quest’ultimo potrà intervenire in qualsiasi materia che non è di sua competenza esclusiva, nel caso che “l’unità giuridica o economica della Repubblica o la tutela dell’interesse nazionale lo richieda”. Una condizione tutt’altro che circoscritta a specifiche situazioni, ed anzi parecchio generica, che apre le porte ad una netta ingerenza da parte dello Stato centrale nelle competenze delle Regioni.

Fra le altre cose che mi sono saltate all’occhio leggendo la riforma, c’è il nuovo articolo 70, riguardante la formazione delle leggi. Attualmente l’articolo 70 recita così: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.”.

Se la riforma costituzionale verrà confermata dal referendum, sarà così: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo commaLe stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati.”

Capisco che un bicameralismo paritario necessiti di norme più semplici per l’approvazione di una legge, poiché entrambe le camere hanno le stesse funzioni, ma non mi pare che questa riforma sia un chiaro esempio di semplificazione, no??

Dopo un’attenta analisi di questa riforma, ho deciso che il prossimo 4 Dicembre voterò NO al referendum costituzionale.

Una riforma che non abolisce il Senato ed il bicameralismo ma peggiora ancora di più la situazione in molte circostanze.

Una riforma che toglie poteri alle Regioni per accentrarli nelle mani dello Stato.

Una riforma che complica notevolmente la formazione delle leggi, che già non è per niente semplice.

Una riforma che, considerando il clima e i modi in cui è stata approvata in Parlamento, poteva veramente cambiare in meglio la legge fondamentale dell’Italia. Mi dispiace non ci sia stata la volontà di farlo realmente.

 

PS: Lasciamo perdere il testo che troveremo sulla scheda elettorale…

 

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Sono in astinenza da partito di centro-destra, è preoccupante?

Sono in astinenza da partito di centro-destra, è preoccupante?

Dopo mesi, forse anni, di analisi credo di essere un malato grave. Mi manca un partito, sento fortemente il bisogno di qualcosa che non ho mai avuto. Mi chiamo Lorenzo, ho 25 anni e da quasi dieci bazzico per i così detti partiti di centro-destra italiani. Tutto ha inizio un giorno di Aprile del 2004 quando frequentavo ancora la seconda media. Mia mamma decise di far parte di una lista civica per l’elezione del Consiglio Comunale di Chiesina Uzzanese, nostro paese natale. Le elezioni non andarono bene ma per me furono decisive.

Fu in quelle sere in cui si piegavano i volantini nel comitato elettorale che, fra un secchio di colla e l’odore di sigaro toscano, mi innamorai totalmente della politica. Avevo tredici anni e vedere tutte quelle persone in una stanza che pianificavano cosa potesse essere fatto per il futuro del mio paese mi eccitava. I primi ormoni iniziavano a svegliarsi e poter immaginare politiche pubbliche (non sapevo ancora che si chiamavano così) mi eccitava tantissimo.

Oggi, ad undici anni di distanza, continua ad eccitarmi. Ne sono cambiate molte di cose. Nel 2009, quando ancora non avevo finito il Liceo Scientifico fui eletto Consigliere Comunale, esattamente 5 anni dopo il tentativo di mia madre. Per la prima volta, dopo quasi mezzo secolo, il centro-destra riuscì a vincere nel mio paese ed io entrai nella “politica dei grandi” 47 giorni dopo esser diventato maggiorenne. Dopo anni passati a militare nelle organizzazioni giovanili e studentesche si sarebbe potuta realizzare quell’eccitante idea che mi frullava in testa da 5 anni.

Sei anni e mezzo di attività nei banchi della maggioranza, una laurea in Scienze Politiche, raccolte firme, conferenze, volantinaggi e manifestazioni varie senza un partito. Gran parte di quelli con cui ho condiviso questo bellissimo, e ahimè logorante, percorso un partito lo avevano avuto e lo ricordavano con estrema malinconia. La malinconia che si può trovare quando hai perso qualcosa a cui tenevi fortemente, senza poterci fare niente, e ne aspetti il ritorno. Un’eterna sosta in stazione, in attesa di quel treno che potrebbe tardare troppo. A dire la verità, per un periodo della mia attività un partito del centro-destra c’è stato. Nel suo nome aveva la parola libertà ma alla fine non si è mai vista.

Più che un partito era un accozzaglia di correnti, tanti valvassini che cercavano di farsi spazio nel proprio feudo per ottenere riconoscenza e omaggi dal valvassore di turno. Tutto era finalizzato all’adulazione del re che, dall’altro del suo trono, esercitava i suoi poteri fino alle zone più remote della penisola. In quel modo non poteva andare avanti e lo sapevano tutti, soprattutto i più esperti. Ma alla fine chi se ne fregava: c’erano i voti, c’era il potere e, in pieno stile italico, ci se ne fregava del futuro ottimizzando il presente. Ed oggi?

Oggi non c’è più niente ed io ho bisogno di un partito. Non chiedo tanto, un luogo, anche virtuale, dove trovarsi, discutere, scrivere un programma, pianificare iniziative, scegliere il leader. Qualcosa che parli al popolo. Un logo riconoscibile da Vipiteno a Pantelleria. Una comunità di persone che, nonostante non si riconoscano nella sinistra, nel PD, in Matteo Renzi, nei grillini, vogliano cambiare le cose senza litigarsi fra di loro. Un luogo dove è più importante il futuro dell’Italia a quello personale. Non un comitato elettorale permanente, non un ufficio di collocamento né tantomeno un’associazione di raccolta fondi con cene ed aperitivi.

Un partito libero ed unitario del centro-destra, non l’attuale particellare divisione. Un partito che affonda le sue radici nella cultura occidentale, che non si faccia travolgere dagli eventi giornalieri e che pianifichi la sua attività, le sue proposte, i messaggi da trasmettere con serietà, cognizione di causa e calcoli sensati. Un luogo dove i giovani si possono avvicinare e imparare qualcosa. Imparare come funziona lo Stato e gli enti locali immaginando un futuro migliore. Un partito dove fare politica come la si fa in tutto il mondo libero.

Io sono innamorato della politica ma spesso mi faccio una domanda. Se avessi 13 anni oggi farei la solita scelta che ho fatto nel 2004? Sicuramente fra gli adolescenti di oggi ci potrebbe essere il futuro leader del centro-destra, il Ministro degli esteri del 2040, il commissario europeo del 2050 ma se continuiamo così non lo potremo mai sapere. Io sono in astinenza da partito e forse anche molti altri giovani di oggi potrebbero esserlo, soltanto non lo sanno. Non ci può mancare qualcosa che non si è mai provato.

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