#ChiesinaUzzanese. Un ordine del giorno a favore dei piccoli comuni.

#ChiesinaUzzanese. Un ordine del giorno a favore dei piccoli comuni.

Nel prossimo Consiglio Comunale discuteremo un’ordine del giorno riguardante l’importanza dei piccoli Comuni. Il documento, presentato dal Gruppo Consiliare “Per Chiesina Uzzanese – Non fermare il Cambiamento” di cui sono Capogruppo, è stato approvato in molte assemblee municipali Toscane a seguito di un’assemblea convocata a Firenze dopo i numerosi tentativi di minare l’autonomia dei Comuni. Come saprete ho già espresso più di una volta la mia idea sul tema (leggi qui) e sono felice che potremo parlare di ciò in Consiglio Comunale.

Il CONSIGLIO COMUNALE 

 

PREMESSO

– che l’art 5 della Costituzione Italiana riconosce e promuove le autonomie locali;

– che la rete dei comuni italiani ha costituito storicamente, e costituisce ancora oggi, una struttura fondamentale per la coesione sociale, il senso civico, la valorizzazione delle specificità e delle tradizioni, la cura del territorio e del paesaggio e la promozione culturale;

 

– che il Comune è il soggetto primario per l’erogazione dei servizi ai cittadini e svolge un insostituibile ruolo per lo sviluppo economico locale sostenibile; 

 

– che il Comune, e in particolare il Consiglio Comunale, rappresentano il livello istituzionale di base più vicino ai cittadini ed ai territori, costituendo il primo strumento per l’esercizio della democrazia tramite la partecipazione e la rappresentanza comunale. 

 

CONSIDERATO

– che in Italia sono presenti circa 8.000 Comuni, un numero inferiore se paragonato alle altre grandi nazioni europee. Ad esempio la Francia conta 36.000 Municipi e la Germania 12.000;

– che in Italia è presente un Comune ogni 7.600 abitanti mentre in Francia ne è presente uno ogni 1.800 e in Germania uno ogni 6.800;

– che in Italia è presente un Comune ogni 37 km quadri mentre in Francia ne è presente uno ogni 18 e in Germania uno ogni 29.

 

CONSTATATO

– il valore storico, economico e culturale dei piccoli comuni, che rappresentano spesso l’unico presidio istituzionali in ampie aree del Paese, contenitori di importanti patrimoni ambientali, paesaggistici, culturali e sociali, che costituiscono a loro volta significative risorse per l’agricoltura, l’artigianato e il turismo. 

 

RILEVATO

– il recente, manifesto e rinnovato interesse espresso dal Governo centrale, supportato e propagandato in ambito regionale, sul tema delle fusioni di comuni al di sotto di una soglia di residenti, motivato da asserite e non dimostrate logiche di risparmio e razionalizzazione amministrativa, propedeutico ad una drastica soppressione di comuni e ad una riduzione del loro numero; 

– che tale interesse sembrerebbe preludere a specifici provvedimenti che impongano le fusioni o che tendano a renderle obbligatorie nei fatti attraverso la determinazione di incentivi e la creazione di canali privilegiati per i comuni fusi a discapito degli altri. 

 

CONSIDERATO

– che tale approccio, di natura prettamente contabile-amministrativa, non si fonda su alcuna evidenza di  dati, e che in realtà l’impatto dei costi dei piccoli comuni è marginale, sia in valore assoluto che percentuale, e soprattutto in relazione all’enorme valore che gli stessi comuni rappresentano in tema di vicinanza ai cittadini, gestione di territori vasti e spesso marginalizzati dalle scelte centralistiche di governo; 

– che valutazioni fondate solo sul parametro del numero degli abitanti impediscono di comprendere come i processi di fusione, soprattutto nelle zone rurali, possano creare, o aggravare, le criticità connesse all’estensione territoriale dei Comuni, la cui eccessiva ampiezza incide negativamente sull’efficienza nell’erogazione dei servizi ai cittadini. 

 

RITENUTO

– che smantellare i piccoli comuni e privare le realtà locali delle istituzioni di maggiore prossimità agli abitanti costituisce una grave ferita per la democrazia e contrasta con la necessità di rilancio economico e sociale delle aree rurali e interne; 

 

– che le politiche di razionalizzazione debbano riguardare la gestione dei servizi comunali, dai quali derivano i costi e dipende l’efficienza dell’azione amministrativa, e non gli organi di rappresentanza politica che nei piccoli comuni, a fronte di costi insignificanti, sono elementi fondamentali di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica che i processi di fusione andrebbero a cancellare; 

 

– che dunque le necessarie e improrogabili politiche di razionalizzazione, valorizzazione e coordinamento di territori e comunità debbano essere perseguite utilizzando gli strumenti delle associazioni dei servizi, attraverso convenzioni e soprattutto nelle Unioni dei Comuni, e che eventuali provvedimenti di fusione tra comuni debbano essere portati avanti solo laddove esista una chiara ed esplicita volontà delle popolazioni locali, connessa a situazioni di reale marginalità abitativa e ad una riconosciuta perdita di coesione sociale e del senso di comunità. 

 

ESPRIME 

– forte preoccupazione sul rinnovato interesse del Governo centrale e regionale sul tema della fusione dei comuni e sulla spinta centralistica che ne può scaturire; 

– dissenso sull’impostazione, di natura prettamente contabile-amministrativa e priva di ogni considerazione di altri valori, che caratterizza l’approccio che Governo centrale e regionale hanno assunto su questo specifico tema e sulle asserite, ma non dimostrate, rilevanti economie che scaturirebbero da processi di fusione. 

 

AFFERMA

– la centralità dei comuni ed il valore delle autonomie comunali nei contesti economici, territoriali e sociali di riferimento; 

– il valore del Comune come livello primario di cittadinanza, di partecipazione e di democrazia, e del sistema delle autonomie locali come fondamento dell’assetto costituzionale della Repubblica Italiana; 

– il rispetto dell’art 5 della Costituzione della Repubblica Italiana che “[…] riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”; 

– che ogni eventuale progetto di fusione tra comuni debba essere considerato in via eccezionale e debba provenire da istanze popolari ed esplicitamente accettato dalla maggioranza degli abitanti di ogni comune coinvolto; 

– l’improponibilità di fusioni tra comuni senza il consenso della popolazione di ogni comune, e la contrarietà ad ogni legge o provvedimento che preveda l’obbligo di fusioni, o che lo determini nei fatti attraverso ingiustificate e pretestuose disparità di trattamento tra i comuni che intraprendono la strada delle fusioni e quelli che invece scelgono quella delle Unioni dei Comuni o delle convezioni; 

– la necessità di coniugare la tutela dell’autonomia comunale con adeguate e coerenti politiche d’area, tramite gli strumenti intercomunali che la legge mette a disposizione, promuovendo le funzioni associate con l’obiettivo di favorire l’uguaglianza tra i cittadini, l’efficienza dei servizi pubblici e la programmazione territoriale. 

 

IMPEGNA 

– il Sindaco, la Giunta e le forze politiche presenti in Consiglio comunale a tenere alto il valore dell’autonomia comunale messo in discussione dalle fusioni.

 

RESPINGE 

– ogni iniziativa che, in tema di accesso alle risorse ed alle contribuzioni per gli enti locali, privilegi i comuni che intraprendono percorsi di fusione rispetto a tutti gli altri, in quanto tali azioni si baserebbero su principi discriminatori tra gli enti, e arrecherebbero un danno ai cittadini di quei comuni che venissero penalizzati nella realizzazione di opere e progetti. 

 

INVITA 

– la Regione Toscana a supportare tali iniziative intercomunali, abbandonando eventuali progetti di fusioni “imposte”, di fatto o per legge, a comuni che le rifiutino, ed a valorizzare ogni elemento di natura sociale, territoriale ed economica che caratterizza ogni singolo Comune, nonché a sostenere la rete dei piccoli comuni. 

 

RIVOLGE 

– al Parlamento e al Governo un appello per un rapido iter approvativo del disegno di legge contenente “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali”.

 

DECIDE 

– di inviare il presente ordine del giorno al Governo, ai Presidenti dei due rami del Parlamento, al Presidente della Regione Toscana, al Presidente del Consiglio Regionale, ai Sindaci della provincia di Pistoia, ad ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni italiani), ANCI Toscana, ANPDCI (Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia), UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), UNCEM Toscana, alle altre associazioni delle autonomie ed agli organi di informazione.

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CHE NE SARÀ DI NOI? Riflessioni sulle fusioni dei Comuni in Toscana.

CHE NE SARÀ DI NOI? Riflessioni sulle fusioni dei Comuni in Toscana.

Tutti felici, tutti contenti e sembrano, incredibilmente, tutti d’accordo nonostante la delicatezza del tema. Lo studio presentato dall’IRPET, con la previsione di soltanto 50 Comuni in tutta la Toscana, viene spiegato e sostenuto come la soluzione definitiva alle difficoltà ad oggi presenti. Fondere i Comuni è la parola d’ordine, ridurre la rappresentatività e smontare l’assetto presente dal dopoguerra le naturali conseguenze.

Al di là della legittima proposta politica, quello che considero assurdo è la serie di eventi che ci ha portato a questo. Durante questi anni caratterizzati dalla completa mancanza di fiducia nei confronti della politica e delle sue soluzioni, gli unici che quotidianamente hanno portato avanti la “baracca” della res publica sono stati proprio i Comuni ed i Sindaci. Invece di sostenere l’ente più vicino ai cittadini, dei quali comprende prima e meglio problematiche e necessità, si sta operando in direzione completamente opposta: il continuo taglio di trasferimenti, i vincoli del patto di stabilità e la perenne indecisione legislativa su tasse e tributi (solo per citare alcune difficoltà).

Ad oggi la Regione Toscana promette finanziamenti a fondo perduto e sblocco del patto di stabilità per quei Comuni che si fondono. A mio avviso un vero e proprio ricatto al quale non bisogna cedere. Con la prima operazione si va a trasferire fondi, quando da anni viene ripetuta la solita storia secondo la quale mancherebbero, mentre con la seconda si permette ai Comuni di spendere soldi bloccati in cassa. Una legittima operazione politica che premia chi si fonde e, allo stesso tempo, rassicura sul fatto che, volendo, i soldi da trasferire ai Comuni ci sarebbero.

Da quando il tema è entrato a far parte del dibattito pubblico ho ragionato più volte su quali potrebbero essere i benefici di una tale operazione. Il ritornello dell’efficienza amministrativa che aumenterebbe con Comuni più grandi non mi convince per una serie di motivi.

Per primo è illogico pensare che amministrare 15.000 cittadini sia più facile rispetto ad amministrarne 7.000, in quanto più è piccola una comunità e meglio può esser sotto controllo.

Per secondo non credo che il risparmio sul costo della politica, sempre che ci sia e di quale entità, possa compensare il deficit di rappresentatività che si andrebbe a creare in alcuni territori.

Infine, i nuovi enti comunali integrerebbero gli attuali dipendenti senza alcun tipo di esubero. Un Comune più grande ha bisogno di più dipendenti e quindi, anche in un prossimo futuro, non ci sarebbe una razionalizzazione del personale, soprattutto se si vuol mantenere uffici decentrati sul territorio.

Si cerca di ridurre il numero degli enti maggiormente rappresentativi dei cittadini, dai quali spesso escono anche ottime ed innovative pratiche di governo. In questo modo i cittadini non riusciranno più ad avere un confronto diretto con chi li rappresenta, incitando il proprio Sindaco a fare del suo meglio, ma molte storiche Comunità saranno tutte sotto un unico controllo. Capisco la difficoltà della Regione a comunicare con i territori dopo “l’abolizione” delle Province, ma farlo a spese degli stessi territori e dei cittadini mi pare folle. Il Comune è l’unico ente che funziona, è vicino al cittadino, è il più controllato, poiché se il Sindaco sbaglia di grosso gli elettori sanno dove andare a cercarlo. Difficilmente sentiamo parlare sulla cronaca di scandali riguardanti i Comuni, ad eccezione di quelli medio-grandi, perché se si decide di fare il Sindaco o l’amministratore difficilmente lo si fa per qualche rendita di posizione, ma solamente per il bene della Comunità. Nei Comuni, quelli di dimensioni ridotte, dove più o meno tutti si conoscono, non c’è niente da rubare, i vantaggi sono pochi e l’impegno richiesto è enorme, ma necessario.

Il ruolo dei Comuni nell’economia e nella vita di tutti i giorni è fondamentale, i cittadini hanno bisogno di una politica locale vicina, che sappia comprendere e risolvere i problemi di tutti i giorni. Allontanando i centri di amministrazione dalle persone si rischia seriamente di creare delle enormi periferie allo sbando, negando il principio di sussidiarietà che sta alla base del decentramento amministrativo. Abbiamo già conosciuto i risultati della politica centralistica ed i suoi riflessi sul territorio: depotenziamento degli ospedali periferici, un PIT che non tiene conto delle particolarità urbanistiche dei territori, una gestione dei rifiuti criticabile, la monca abolizione delle Province che ha solo creato caos sulle competenze.

Penso che uno Stato particolare come il nostro funzioni meglio con enti che stiano il più vicino possibile ai loro cittadini; probabilmente siamo in pochi a pensarla così. L’Italia è un agglomerato di piccole realtà, non dovremmo andare contro la natura delle cose. Lo ritengo un ragionamento naturale e vedere come avviene la gestione dei Comuni piú grandi, faticosa in troppi aspetti, me ne dà la conferma. I problemi, gli sprechi e la cattiva gestione amministrativa che ogni giorno viene denunciata, non si trovano nei piccoli comuni. Non possiamo ragionare solamente in nome dell’economia di scala o di bacini territoriali fatti da un computer.

La Toscana e l’Italia sono altro. Sono un insieme di storia, usanze e tradizioni comunitarie, che caratterizzano le piccole comunità, che sono le fondamenta della nostra patria. Se colpisci una casa dal basso, crolla tutto.

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#ChiesinaUzzanese. In #ConsiglioComunale una mozione contro l’idea di Sanità della Regione.

#ChiesinaUzzanese. In #ConsiglioComunale una mozione contro l’idea di Sanità della Regione.

Lunedi prossimo, ore 21.30, in Consiglio Comunale, qua trovate l’ordine del giorno completo, discuteremo una mozione che abbiamo presentato come Gruppi Consiliari di maggioranza. Questa riguarda il referendum per il quale molte associazioni e partiti stanno raccogliendo le firme. L’obiettivo è abrogare la nuova legge regionale sulla sanità, la 28/2015, che, fra le tante cose, penalizzerà fortemente i territori più lontani dai grandi centri come il nostro.

Qua sotto trovate il testo completo della nostra mozione.

MOZIONE A FAVORE DEL REFERENDUM ABROGATIVO DELLA LEGGE 28/2015 DELLA REGIONE TOSCANA

 

PREMESSO CHE

 

– la legge regionale n° 28, approvata il 16 Marzo 2015, ha previsto un accorpamento delle Aziende Sanitarie Locali Toscane, passando da 12 a 3 aziende e perdendo la principale caratteristica di tale ente, la località;

 

– con questa legge la figura del direttore, ad oggi ricoperta da commissari e vice-commissari, avrà un enorme potere decisionale su un enorme porzione di territorio, popolato da una grande quantità di persone;

 

– il Direttore della Programmazione sarà direttamente nominato dal Presidente della Giunta Regionale e, con un potere al disopra delle Direzioni delle Aziende sanitarie, avrà il potere di dispensare le risorse;

 

CONSTATATO CHE

 

– da anni la Regione Toscana sta attuando politiche di centralizzazione, togliendo qualsiasi possibilità di partecipazione nelle decisioni ai Comuni e ai Sindaci;

 

– con la legge 28/2015 continua il processo sopra citato, giungendo allo controllo totale della Regione sulla Sanità, allontanando dal territorio il potere di decidere sulla sanità;

 

CONSIDERATO CHE

 

– il taglio dei posti letto e la carenza di personale aumenterà notevolmente le ore di attesa nei pronto soccorso e le liste d’attesa, già inaccettabili, per esami e visite specialistiche;

 

– si prevede nei prossimi anni un taglio di circa 1500/2000 operatori sanitari nonostante l’evidente carenza di personale nei vari pronto soccorso e negli stessi ospedali;

 

IL CONSIGLIO COMUNALE DI CHIESINA UZZANESE (PT) IMPEGNA LA GIUNTA COMUNALE

 

– ad attivarsi per sostenere il referendum abrogativo della legge 28/2015 della Regione Toscana che ha come obiettivo principale quello di creare tre strutture giganti, complesse e burocratizzate, lontane dai bisogni reali dei territori, la cui voce avrà sempre meno importanza.

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La folle idea di fondere gli undici campanili della #Valdinievole.

La folle idea di fondere gli undici campanili della #Valdinievole.

Una fantastica storia, raccontataci da Tolkien, narra di Sauron, un oscuro signore che nella terra di Mordor tra le fiamme Monte Fato, forgiò un’anello per sottomettere i popoli liberi della terra di mezzo. Un anello per domarli tutti, ma alcuni opposero resistenza..

Nelle ultime settimane sono stati molti gli esponenti politici, e non solo, che si sono espressi riguardo una possibile fusione dei comuni della Valdinievole, supponendo risultati strabilianti e vantaggi per tutti gli abitanti. Sinceramente nutro più di una perplessità riguardo a questa soluzione, che sembra essere accolta da molti come una soluzione salvifica, mentre non si è nemmeno accennato a quelli che potrebbero essere le problematiche o i disservizi che tale fusione creerebbe. In un’Italia dove la fiducia dei cittadini verso le varie amministrazioni statali viene continuamente minata, principalmente a causa di soggetti incompetenti e continui scandali, il Municipio rimane l’unica istituzione vicina al popolo. La figura del Sindaco, e conseguentemente del Consiglio Comunale, sono l’organo più vicino ai cittadini e allontanare questa figura credo sia una volontà nascosta di diminuire la democrazia e la responsabilità verso i propri elettori.

Diminuire la democrazia perché si andrebbe a creare uno dei 40 Comuni più grandi d’Italia per popolazione in una zona in cui esistono anche più campanili per Comune: una realtà che non possiamo trascurare. Si diminuirebbe la responsabilità verso gli elettori riducendo il reale peso dell’elettore, senza una reale convenienza. Se per “convenienza” si intendono i fondi che lo Stato e la Regione dovrebbero “donare” ai Comuni che si fondono dovremmo chiederci innanzitutto il perché di queste “donazioni”. Secondo quanto riportato da alcuni questi fondi non sarebbero proprio spiccioli nonostante negli ultimi anni ci sono stati solamente tagli agli enti locali. Allora i soldi ci sono?

E’ più facile per i livelli di governo superiori avere un solo Sindaco con cui confrontarsi invece che averne 10; sarà sicuramente peggio per il cittadino che probabilmente avrà più difficoltà ad esporre i propri problemi e presentare le proprie istanze. Si creeranno delle zone di serie B e delle zone di serie A, la maggioranza degli attuali Comuni diventeranno zone abbandonate a se stesse e gli investimenti saranno concentrati nei centri maggiori. Un film già visto, basta vedere come sono tenute le periferie delle grandi città italiane.

Dopo decenni in cui tutte le forze politiche si sono spese in vario modo per il federalismo si punta ad una scelta fortemente accentratrice, quando non se ne vedono i benefici reali. Siamo sicuri che mancano veramente i soldi nelle casse comunali oppure ci sono troppi sprechi? Per molti amministratori che si trovano nella nostra zona sono difficilmente giustificabili alcune scelte del Comune limitrofo, che in realtà si rivelano politiche migliori per il cittadino. Questo per alcuni è un male, per me è assolutamente un bene. La concorrenza, fra enti vicini, anche fiscale, non ha mai fatto male a nessuno. Anzi, come succede in economia, è solo un bene.

Il problema dei Comuni è uno dei tanti spauracchi italiani. Si cerca sempre di tagliare e accorpare gli enti che in realtà non ne avrebbero bisogno invece di eliminare centinaia di sprechi o di attività che potrebbero essere benissimo svolte dai privati. E’ più facile accorpare 10 Comuni della Valdinievole che ottimizzare i costi e ridurre gli sprechi della Sanità, non è vero? Abbiamo un comune ogni 37 km quadri mentre la Germania uno ogni 18 e la Francia uno ogni 29. Abbiamo di media un Comune ogni 7500 abitanti mentre la Germania uno ogni 6900 e la Francia uno ogni 1800.

Sarebbe meglio che si iniziasse a tagliare veramente gli sprechi nella nostra area, a partire dalle società partecipate, da tutti quelli edifici che sono sempre di proprietà comunale ma che non fruttano un euro, da tutti quei contributi a pioggia che potremmo evitare e da tante altre spese inutili fatte con i soldi di tutti. Soprattutto in questo momento di difficoltà economica non allontaniamo ancor di più lo Stato dalle persone ma rafforziamo quel ruolo fondamentale che giocano le piccole comunità nella solidarietà sociale.

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Io sono contrario al Comune unico della #Valdinievole.

Io sono contrario al Comune unico della #Valdinievole.

In questi giorni ho letto sui giornali la proposta di unificare la Valdinievole in un Comune unico in nome dell’abbattimento dei costi della politica e per migliorare la capacità di attirare finanziamenti dall’esterno. Nulla contro chi ha fatto questa proposta ma personalmente mi trova in disaccordo. Non vedo tutta questa necessità di unificare un territorio così diverso ed esteso sotto un amministrazione unica.

I risparmi in merito alla diminuzione degli organi politici non sarebbero poi così alti considerando anche il rapporto costi/benefici. Quelli che ci rimetterebbero di più sono i cittadini che avrebbero moltissime difficoltà a parlare con gli amministratori. Le realtà da “amministrare” sarebbero tante e come può un Comune unico gestirle tutte. Già adesso in ogni Comune molte zone si sentono di serie b rispetto ad altre. Possiamo immaginare con un comune unico? Quante zone diventerebbero periferia?

Vogliamo parlare degli uffici comunali? Sarebbe impensabile non prevedere dei distaccamenti degli uffici comunali. Come può un cittadino di Lamporecchio andare a Pescia o a Montecatini per un documento? E’ ovvio che sarebbero lasciati degli uffici decentrati. E quindi dov’è il risparmio e l’abbattimento della burocrazia?

E che ne sarà dell’organizzazione urbanistica del territorio? Quanti saranno i Comuni periferici a servizio di Montecatini-Monsummano e Pescia? E dove verranno spesi i soldi del bilancio comunale? Immagino che molte delle tasse pagate dagli attuali cittadini di molti Comuni della Valdinievole sarebbero destinate ai Comuni più grandi.

Qua ho scritto i primi esempi che mi sono venuti in mente per affermare che non sono assolutamente d’accordo su questa idea. Se si parla di abbattimento dei costi sono perfettemante in sintonia ma inizierei prima da quelli improduttivi da parte dello Stato, delle Regioni e di tutti gli enti locali. Non credo che si risolvano problemi accentrando il potere ma sono proprio a favore dell’esatto contrario. Dobbiamo lasciare indipendenti le varie realtà locali, come i Comuni della Valdinievole, perchè questo crea la giusta concorrenza e migliora la qualità della politica e delle amministrazioni. Sono dell’idea che piccolo sia anche bello. Abbiamo un sacco di particolarità e specificità culturali, sociali e nelle tradizioni che fanno della Valdinievole una bella terra dove si vive bene. Perchè rischiare di rovinare tutto questo?

I Comuni sono l’unico ente che funziona come si deve in Italia, i Sindaci sono il punto di riferimento di ogni cittadino, dove sta il problema?

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Contro le tasse evviva il privato.

Contro le tasse evviva il privato.

Qualche giorno fa ho letto sui giornali che il Comitato Acqua Bene Comune della Provincia di Pistoia ha inviato una lettera a tutti i candidati a Sindaco nelle prossime elezioni del 25 Maggio proponendo alcune battaglie. Naturalmente rispetto tutte le posizioni politiche ed è bene che siano espresse ma non nascondo che sono rimasto perplesso da quello che coloro propongono.

Innanzitutto propongono di ri-pubblicizzare la gestione dell’acqua come se ora fosse in mano ai tanto detestati privati. Ancora una volta si punta a far passare una notizia sbagliata perché Acque Spa, che gestisce l’acqua nella nostra zona, è controllata per il 55% dai Comuni attraverso Cerbaie Spa, Publiservizi Spa, Gea Spa, Aquapur Spa, Coad, mentre Chiesina Uzzanese e Crespina partecipano direttamente.

Questo basterebbe per dire che la gestione è pubblica ma c’è di più. Il restante 45% sarebbe il famigerato socio privato, ABAB Spa, che di privato ha solo la natura giuridica poiché è controllata dal Comune di Roma.

Ma la cosa che mi ha lasciato di stucco alla lettura della lettera è la loro ostinata volontà di statalizzare completamente le aziende dei servizi pubblici volendo quindi indirettamente alzare le tasse ai cittadini.

Queste due cose sono fortemente legate perché voler togliere la remunerazione del capitale investito dalle bollette significa privare i gestori dell’acqua di quella fonte sostanziale di denaro per coprire gli interessi sul denaro investito in infrastrutture. Se questa fonte manca dovranno essere i Comuni ad investire in ciò a meno che non si voglia lasciare tutto al degrado. Inoltre è sempre competenza dell’Aato, Agenzie di Ambito Territoriale Ottimale, formata da tutti i sindaci del bacino territoriale di riferimento decidere quali investimenti effettuare.

Quindi la soluzione di questo comitato sarebbe quella di statalizzare la gestione dell’acqua portando nei bilanci dei comuni delle enormi spese infrastrutturali a breve e lungo periodo aumentando quindi le tasse, al posto del costo delle bollette, ai cittadini e il potere politico in queste aziende.

Non voglio dire che quel poco di soci privati che fanno parte di Acque Spa, e delle altre aziende sparse in tutta Italia, non cerchino un qualche ritorno personale dalla partecipazione in queste aziende ma credo che attraverso il controllo dell’Aato questo può esser supervisionato.

Perché un cittadino comune si dovrebbe preoccupare di un privato, che ha dei vantaggi a gestire l’acqua, se a fine mese la bolletta sarà minore delle tasse che si sarebbero dovute pagare se il gestore fosse lo Stato?

Credo sinceramente che in questo periodo di crisi dove i cittadini sono tartassati dallo stato e la fiducia nella politica è sempre minore, proporre una gestione totalmente statale dell’acqua sia incomprensibile da chi conosce la questione. Certo, se poi si va dicendo che attualmente sono i privati che gestiscono l’acqua e ci fanno un sacco di soldi poi la gente ci crede…

Personalmente preferirei che lo stato non controllasse la gestione dell’acqua in maniera ambigua come ora, ma l’appaltasse a società totalmente private che, sotto il controllo di un ente regolatore, eroghi il servizio ai cittadini e si occupi della manutenzione e della creazione delle infrastrutture.

In questo momento dovremmo impedire l’aumento di nuove tasse e invece che statalizzare l’acqua sarebbe da vendere sul mercato le aziende partecipate dallo stato, dalle regioni e dagli enti locali per abbassare il debito pubblico.

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