Da 41 anni, un ragazzo simbolo dell’anticomunismo.

Il 16 Gennaio del 1969 Jan Palach, studente ventunenne di Filosofia a Praga, si dette fuoco in piazza San Venceslao per protestare contro la mancanza di libertà causata dal regime sovietico. Jan aveva partecipato attivamente alle rivolte della “Primavera di Praga”, anch’esse represse dall’esercito, e continuava a muoversi per la libertà nel suo paese. Non morì sul colpo ma rimase cosciente nei tre giorni seguenti di agonia. Disse di essersi ispirato, nel compiere il proprio gesto, ai monaci Buddisti.

Nei suoi scritti, lasciati nella borsa lontana dal rogo, spicca una frase sopra le altre figlia di una organizzazione di popolo che si stava diffondendo nel paese per combattere la dittatura.

«Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zpravy. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà»

Da quel momento Jan è diventato uno dei simboli dell’ Anti-Comunismo; in tutto il mondo, e anche nell’ex unione sovietica post liberazione, a Jan sono state dedicate vie, parchi, monumenti, premi, canzoni e quant’altro.

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