L’ASSALTO A CAPITOL HILL È UN PROBLEMA CULTURALE. MA NON COME PENSATE VOI.

Sono due giorni che cerco di analizzare, con i limiti umani delle mie competenze, i fatti che hanno scatenato gli eventi di Washington. Ho letto ed ascoltato di tutto in queste 36 ore: tuttologi, americanisti che non hanno letto neanche un verso di un Federalist, odiatori liberal nostrani e difensori delle folle armate ad intermittenza.

Per noi conservatori, amanti della libertà e dello stato di diritto, quello che è successo nel tempio della democrazia è inaccettabile. Le manifestazioni violente le abbiamo sempre condannate, che siano gli scappati di casa di domenica, i no global o quelli del BLM. The Donald ha perso la ratio comunicativa dall’inizio della pandemia in America e la ratio in generale da quando la sconfitta elettorale si è manifestata. Nonostante la marea di cittadini americani che lo ha supportato, e votato, gli Stati hanno scelto il duo Harris-Biden: così è nelle democrazie, così si accetta. Non ci è dato sapere per ora, e probabilmente non lo sapremo mai, per quale motivo in questo mese si è aggrappato ai vari ricorsi per i brogli elettorali: era chiaro a tutti che non sarebbe arrivato da nessuna parte ma un Homo Oeconomicus come è lui non si è arreso. Ha preparato il terreno per i prossimi 4 anni? Aveva la necessita di aumentare la tensione nel paese per evitare “vendette” da parte dei democratici? Non lo sappiamo, ad oggi.

Quello che pare certo, per quello che oggi sappiamo, è l’errore nel parlare di golpe. Senza l’appoggio del mass media (vedi i social), senza l’aiuto dei militari, senza la compattezza dei suoi uomini più vicini (vedi il giusto rifiuti del VP Pence), che golpe è? Semmai è stato il capopopolo, neanche tanto nascosto, di una rivolta, ingiustificabile, per motivi alquanto dubbi. Per fortuna gli USA, che insieme ad altri pochi Stati al modo, sono una democrazia solida e già questa notte ha già buttato acqua sul fuoco e annunciato una transizione dei poteri senza troppi problemi. Poi vedremo se davvero sarà così.

Perché ho parlato di problema culturale? A vedere le scene di Capitol Hill è chiaro che i manifestanti, seppur sui generis, in larga parte non erano delinquenti o avanzi di galera. Sono lo spaccato di una parte di comunità americana che vive il disagio dei nostri anni. Con questo non voglio sminuire il reato gravissimo che hanno commesso. Voglio sottolineare che, da quello che ho potuto vedere, non sembravano criminali comuni ma adepti di un leader che stavano commettendo un così grave reato per la prima volta, parecchio disorganizzati e con poche probabilità di successo.

Anche io, nel mio piccolo, spesso mi sento a disagio nel vivere in un mondo del genere. Un disagio che vedo in molte persone che vivono vicino a me.

Dall’inizio degli anni 90 l’egemonia culturale liberal, o socialista (chiamala come vuoi), ha iniziato a prendere il sopravvento in tutti gli aspetti della vita. Giornali, televisioni, film, scuole, università e altri luoghi del sapere sono stati guidati per anni da chi vede il mondo in un certo modo. Negli ultimi anni la situazione si è aggravata, IMHO, e l’accesso a quei luoghi è praticamente cosa loro. Non è un accusa, ci mancherebbe, ma un dato di fatto. Semmai un complimento per aver, in così poco tempo, egemonizzato l’egemonizzabile. È un processo che parte dal ’68, è vero, ma negli ultimi anni ha preso il sopravvento. Ci sono stati anni in cui i conservatori, i liberali (quelli veri), avevano dei punti di riferimento più definiti, modelli da cui prendere spunto. Questo in Italia come nel resto delle democrazie occidentali. Oggi è più difficile e serve il lumino per trovarli.

Questa ghettizzazione culturale di una parte del popolo con il tempo ha evidentemente creato dei disagi. Gli ultimi, i diversi, quelli che non si inchinano al culto mondiale del politicamente corretto si sentono esclusi e, come azione/reazione, si affidano all’estremo per cercare di ribaltare la situazione. A metterci il carico sopra questi problemi sociali c’è stata la rottura dell’ascensore sociale. Con la fine degli anni ottanta, e all’incirca contemporaneamente con il fenomeno che citavo prima, la possibilità di migliorare le proprie condizioni economiche è diventata sempre più difficile. Sia chiaro, non sto sostenendo che tutti coloro che si trovano nella “parte sbagliata” della comunità abbiano problemi economici. Sto sottolineando come ci siano stati fenomeni di rottura delle comunità dal punto di vista culturale, dal punto di vista economico. Spesso abbiamo notato in Italia, ma anche nelle recenti elezioni USA, che dove il reddito è più alto si vota in un certo modo mentre allo scendere delle possibilità economiche cambia il vento. I partiti della ZTL sono cosa comune.

Sinceramente non so cosa potrà succedere nel prossimo futuro e se questa situazione possa migliorare. Sono realmente preoccupato di come possano resistere le democrazie liberali occidentali a questa frattura. Una frattura complicata da ricomporre perché sembra non convenire a nessuno curarla.

Ed in tutto questo c’è un solo vincitore, il vero nemico della nostra libertà: la Cina. Ma questo non sembra preoccupare i democratici nostrani inebriati dalle libertà soppresse dai nostri, democratici, governanti. Sic!

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